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martedì 15 settembre 2009

Il caso "Mutu".

Nelle ultime settimane si è molto discusso del "caso Mutu", che merita una analizi delle circostanze e delle ragioni in virtù per le quali è maturata una vicenda di non certo usuale frequenza nel mondo sportivo. Tutto nasce da una grave violazione contrattuale del giocatore nei confronti della società di appartenenza: l'assunzione di sostanze proibite in costanza di rapporto di lavoro. In conseguenza del fatto il Chelsea si è attivato davanti al Collegio arbitrale competente chiedendo e ottenuto la risoluzione del contratto per giusta causa. Ciò ha costituito le premesse per il riconoscimento del risarcimento dei danni. Cercheremo di spiegare i passaggi logico-giuridici della vicenda, in primo luogo esaminando in quale modo si sia arrivati alla determinazione dell'indennizzo, e se si possano rinvenire società calcistiche soldamente responsabili con il calciatore rumeno.

Il TAS nella determinazione dell'importo ha semplicemente individuato tutti i costi sostenuti per l'acquisizione delle prestazioni del calciatore che non risultavano essere ammortizzati al momento dell'interruzione del rapporto. Considerando infatti che nell'agosto del 2003 il calciatore si è trasferito al club londinese per 22,5 milioni di Euro e che lo stesso aveva onorato solo una delle cinque annualità che lo legavano al club, il TAS ha imposto ad Adrian Mutu di pagare una somma superiore ai 18 milioni di euro, dato che ai 17.173.990 Euro, più volte richiamati nelle testate giornalistiche in questi giorni, devono essere aggiunti anche gli interessi e le ulteriori spese processuali. La somma, che a prima vista potrebbe apparire elevata, è comunque da ritenersi proporzionata al valore del calciatore e all'effettivo danno arrecato al Club.



Come è noto la particolarità della fattispecie è che la sentenza, emanata nei confronti del giocatore, che da solo è stato condannato al pagamento di una ingente somma di denaro non abbia coinvolto la responsabilità solidale del club successivo di tesseramento, ma abbia rinvenuto nel solo giocatore rumeno l'unico soggetto passivo dell'obbligazione risarcitoria. Tale elemento differenzia il caso Mutu da altri precedenti dello stesso TAS (ad esempio il caso Matuzalem) ove la sanzione pecuniaria alla quale il giocatore era stato condannato era di poco inferiore ai dodici milioni di Euro, me che non suscitò però lo stesso scalpore, proprio perché accompagnata dalla condanna solidale della società alla quale il calciatore era successivamente pervenuto, il Real Saragozza.



Analizziamo le ragioni per le quali il Chelsea ha agito solo nei confronti del calciatore rumeno senza allargare la controversia né al Livorno o alla Juventus, come da alcuni fatto notare. Anzitutt l'art. 17, par. 2, del Regolamento FIFA sullo Status e trasferimento dei Calciatori, limita la responsabilità solidale alla Società calcistica alla quale il calciatore sia pervenuto dopo l'interruzione del rapporto con la Società di provenienza, quindi unicamente al Livorno, escludendo le società successive, vale a dire Juventus e Fiorentina. Comunque il citato paragrafo è stato inserito fra le norme solo nell'edizione del 2005. Nel caso specifico è risultata applicabile quindi l'edizione precedente del Regolamento, ecco perché il Chelsea ha limitato l'azione al solo Mutu. In linea squisitamente teorica, ai sensi dell'art. 23 del Regolamento del 2001, avrebbe potuto casomai sostenere la responsabilità del Livorno riguardo alla intervenuta interruzione del rapporto di lavoro: in tale disposizione infatti il tentativo di tesserare un calciatore che avesse rescisso unilateralmente un contratto avrebbe potuto essere considerato una induzione alla rescissione del contratto stesso, con conseguente successiva responsabilità della Società stessa: ipotesi però difficile da ritenersi sussistente nel caso Mutu, visto che dal competente Collegio Arbitrale la responsabilità contrattuale era stata ritenuta riferibile esclusivamente al calciatore. Tale strada non sarebbe oggi neanche più percorribile dato che la DRC non può prendere in considerazione ed attivare procedimenti nei due anni successivi al verificarsi dell'evento. E' ovvio come sia oggi decorso ogni relativo termine e che la sentenza sia ormai da ritenersi definitiva in sede sportiva e produttiva di effetti solo tra le parti. C'è poi da domandarsi se il calciatore rumeno possa essere oggi squalificato, ove non provveda a tale pagamento: la risposta non può che essere affermativa. La Commissione disciplinare della FIFA ha infatti la possibilità di escludere dalle partite ufficiali il calciatore stesso. Sul punto esiste, inoltre, il precedente dell'Arges Pitesti. Mutu come "ultima possibilità" potrebbe adcire il Tribunale Federale Svizzero, ma si tratterebbe di un ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria in sede civile, al quale il calciatore dovrebbe essere preventivamente autorizzato dagli organi sportivi sotto pena di severe squalifiche ed ulteriori sanzioni. Insomma, la vicenda, almeno sostanzialmente, sembra destinata a finire qui: c'è da ritenere infatti che la fattispecie non induca più a sconti, riduzioni o economie.


Fonte:Fiorentina.it
Autore:Massimo Mereu (docente del Master "Diritti e Management dello Sport" Università Telematica E-Campus di Noverate) - Guerin Sportivo