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mercoledì 20 maggio 2009

L’IMPUGNABILITA’ DEL PREAVVISO DI FERMO AMMINISTRATIVO

1. Premessa.
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L’affermazione della immediata impugnabilità del provvedimento di preavviso di fermo amministrativo non costituisce un principio nuovo alla giurisprudenza delle Sezioni Unite, le quali, con le precedenti ordinanze nn. 14831 e 10469 del 2008 avevano già previsto, sia pure implicitamente, l’opponibilità di tale provvedimento.
Il dissidio è sorto quando alcune recenti sentenze a sezioni semplici (cfr. Cassaz. 29.02.08 n. 20301) cambiando il precedente orientamento (cfr. Cass. 23.07.07 n. 5590) hanno iniziato a considerare non impugnabile il preavviso di fermo per mancanza dell’interesse di agire di cui all’art. 100 c.p.c., sull’assunto che tale misura “non arreca alcuna menomazione al patrimonio, non essendovi dubbio che, fino a quando il fermo non sia iscritto nei pubblici registri, il presunto debitore può esercitare pienamente tutte le facoltà di utilizzazione e di disposizione del bene..” (cfr., letteralmente, Cass. 20301/2008).
Invero, appariva piuttosto sconcertante la tesi della Corte in virtù della quale, per aversi interesse ad agire fosse necessario attendere il verificarsi di un danno al patrimonio, senza possibilità di attivarsi preventivamente, anche in considerazione del breve termine previsto nel preavviso (20 giorni) per la successiva iscrizione del fermo.
Ancora più sconcertante è stato poi, a parere di chi scrive, il successo che tale tesi (palesemente lesiva dei principi costituzionali enucleati dalla sentenza in commento) aveva ricevuto nella giurisprudenza di merito, che ha spesso dichiarato improcedibile l’opposizione avverso fermi amministrativi anche palesemente illegittimi.
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2. Il merito della questione.
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Entrando nel merito della questione, la Corte di legittimità, - chiamata a pronunciarsi su quale giudice abbia la giurisdizione sull’impugnazione del preavviso di fermo amministrativo emesso a seguito del mancato pagamento di cartelle esattoriali relative a contributi dovuti a consorzi di bonifica, - statuisce, preliminarmente, la natura tributaria di tali pretese, e la conseguente giurisdizione del giudice tributario.
E’ vero, secondo la Corte, che l’azione è stata introdotta anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 233/2006 (c.d. “D.L. Visco – Bersani”) che ha ricompreso il fermo amministrativo tra gli atti impugnabili innanzi al giudice tributario (mentre prima di tale data si riteneva che fosse impugnabile solo innanzi al giudice ordinario), tuttavia alla predetta modifica normativa deve ricollegarsi natura interpretativa, applicabile quindi con efficacia retroattiva.
Inoltre, a seguito della modifica all’art. 19 D. Lgs. N. 546 del 1992 da parte del D.L. n. 233/2006, non ha più senso l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento sono esclusi dalla giurisdizione del giudice tributario.
Il Supremo Collegio considera, poi, che l’immediata impugnabilità del provvedimento potrebbe ritenersi esclusa per non essere il preavviso di fermo, diversamente dal provvedimento di fermo vero e proprio, espressamente ricompreso nell’elencazione degli atti impugnabili di cui all’art. 19 D. Lgs. 546/1992, ma tale elencazione, secondo i giudici di legittimità, non ha carattere tassativo, e deve quindi essere interpretata estensivamente, in aderenza sia alle norme costituzionali a tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.), sia al principio di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), anche in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria apportato dalla L. 448/2001.
Né può essere rilevata la carenza di interesse ad agire del contribuente, essendo il preavviso di fermo l’unico atto di una sequenza procedimentale – emanazione del provvedimento di fermo, preavviso ed iscrizione del provvedimento emanato, - mediante il quale il contribuente viene a conoscenza dell’esistenza, nei suoi confronti, di una procedura di fermo amministrativo del veicolo, e che è quindi finalizzato ad assicurare, mediante una pronta conoscibilità del provvedimento, un’ampia tutela del contribuente destinatario, svolgendo una funzione assolutamente analoga a quella dell’avviso di mora nel quadro della comune procedura esecutiva esattoriale.
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3. Impugnabilità del preavviso fondato su pretese creditorie non tributarie.
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Essendosi la Corte pronunciata nell’ambito di una vicenda di natura tributaria, può sorgere il dubbio che i principi dalla medesima enunciati non trovino applicazione quando, come spesso accade, il preavviso di fermo venga emanato nell’ambito della procedura di recupero di altre pretese creditorie, come le sanzioni amministrative, che ricadono sotto la giurisdizione del giudice ordinario.
Tale tesi deve, a parere di chi scrive, escludersi definitivamente ove si consideri che il problema dell’opponibilità del preavviso di fermo riguardava soprattutto la materia tributaria, dove, prima della ricomprensione del fermo amministrativo tra gli atti espressamente impugnabili, era principio consolidato quello che riteneva esclusi dalla giurisdizione del giudice tributario gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi (come il fermo) alla notifica della cartella di pagamento. Inoltre, sempre in materia tributaria, esisteva quello scoglio, costituito dall’art. 19 D. Lgs. N. 546 del 1992, che prevede un elenco definito di atti impugnabili innanzi al giudice tributario (in cui non è previsto il preavviso di fermo).
Innanzi al giudice ordinario, invece, è principio indiscusso quello in virtù del quale chiunque abbia interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. possa impugnare un atto considerato lesivo dei propri diritti.
Né tale interesse ad agire potrebbe escludersi quando il preavviso sia fondato su pretese non tributarie. Infatti, se il preavviso è idoneo a far sorgere, a favore del destinatario, un interesse ex art. 100 c.p.c. alla tutela giurisdizionale per il controllo della legalità sostanziale della pretesa impositiva quando questa abbia natura tributaria, appare invero difficilmente sostenibile che quando la pretesa fatta valere abbia una diversa natura non sorga, nel destinatario, l’interesse ex art. 100 c.p.c. ad ottenere quanto meno una sentenza di accertamento negativo in ordine alla pretesa sanzionatoria della P.A., posta alla base del preavviso in questione.
Diversamente pensando si creerebbe, come è evidente, una diversità di trattamento delle due diverse ipotesi (pretesa tributaria e pretesa non tributaria) che sarebbe anche difficilmente sostenibile con riferimento ai principi di eguaglianza costituzionale e di diritto alla difesa costituzionalmente garantito.
Si consideri, inoltre, che le stesse Sezioni Unite, nella già citata precedente ordinanza n. 14831 del 2008, nello stabilire, per l’opposizione al preavviso di fermo amministrativo, la giurisdizione del giudice ordinario o tributario, a seconda del tipo di pretesa fatta valere, aveva implicitamente previsto la possibilità che il preavviso potesse essere immediatamente impugnabile, sia in sede tributaria che ordinaria.
Infine, la stessa qualificazione del preavviso di fermo amministrativo come atto assimilabile all’avviso di mora induce a ritenere che, come è incontestatamente impugnabile l’avviso di mora innanzi al giudice ordinario (cfr. per tutte Cass. Sez. I, n. 15149 del 18/07/2005), così deve ritenersi impugnabile, innanzi allo stesso giudice, anche il preavviso di fermo.
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4. Osservazioni conclusive.
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L’ordinanza delle Sezioni Unite porta, infine, un po’ di chiarezza nella ricostruzione del sistema della tutela del destinatario del provvedimento di preavviso di fermo amministrativo, dopo lo sconvolgimento apportato al sistema dal più volte citato D.L. 239/2004.
In estrema sintesi, ci limitiamo in questa sede ad osservare che, se il preavviso è fondato su pretese tributarie, il contribuente potrà impugnarlo innanzi al giudice tributario.
Qualora la pretesa creditoria della P.A. si fondi, invece, su un diverso titolo, il destinatario del provvedimento potrà agire innanzi al giudice ordinario mediante citazione ex art. 615 c.p.c., trattandosi di un provvedimento sostanzialmente equiparato all’avviso di mora, se contesta la legittimità della iscrizione al ruolo per la mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione stessa, o adduca fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo.
Qualora, invece, si verta in materia di sanzioni amministrative e si contesti la mancata ricezione di tutti gli atti ed avvisi anteriori, sarà possibile proporre ricorso ex art. 23 della Legge 24 novembre 1981, n. 689 innanzi allo stesso giudice che avrebbe dovuto conoscere dell’opposizione avverso l’atto presupposto che non è stato notificato.
L’opposizione ex art. 615 c.p.c., deve essere proposta, prima dell’inizio dell’esecuzione, con citazione avanti al giudice competente per materia e valore a conoscere del rapporto sostanziale. Quando l’esecuzione sia già iniziata, deve essere proposta innanzi al giudice dell’esecuzione che, ai sensi dell’art. 9 c.p.c., è sempre il Tribunale.
Infine, se si contesta la ritualità formale dell’atto posto in essere in sede di riscossione, lo strumento esperibile è quello dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., che deve essere proposta, prima dell’inizio dell’esecuzione, con citazione avanti al giudice competente per l’esecuzione (Tribunale), dopo l’inizio dell’esecuzione, con ricorso avanti allo stesso giudice dell’esecuzione (per un maggior approfondimento sulla giurisdizione e competenza in materia di fermi amministrativi ed ipoteche giudiziarie, cfr. “Ipoteche e fermi amministrativi dei concessionari di riscossione: giurisdizione e competenza nella tutela giurisdizionale”, di Francesco Mingiardi e Luigi Patricelli, su http://www.altalex.com/index.php?idnot=45636).
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Roma, 18 maggio 2009
Avv. Giacomantonio Russo

Fonte:http://www.iussit.eu/index.php?option=com_content&task=view&id=890&Itemid=1
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